Per quanto alcuni aspetti dell’Unità d’Italia continuino a generare polemiche a distanza di oltre 150 anni, il nostro Bel paese è unito, da nord a sud, grazie alla cultura e all’arte. Certo, è da molto tempo che tale aspetto pare essere figlio di un Dio minore e, di solito, si preferisce accendere conflitti piuttosto che notare le eccellenze comuni, ma è innegabile che i nostri beni culturali appaiano spesso più “italiani” di noi cittadini in carne ed ossa. Già precedentemente, nel raccontare alcuni episodi della Seconda guerra mondiale, ho evidenziato come vari artisti abbiano accomunato città distanti grazie alle proprie affascinanti opere. È il caso, ad esempio, dello scultore modenese Guido Mazzoni, detto anche Modanino, uno specialista dell’arte sacra che diffuse in mezza Italia diverse copie del suo Compianto sul Cristo morto. Questa particolare opera, infatti, la ritroviamo a Ferrara quanto a Napoli, a grandissima distanza, passando anche per Padova e Modena, a riprova di un linguaggio comune che nel corso dei secoli si è sviluppato in quell’Italia che Metternich osò definire «mera espressione geografica».
Non si tratta solo di sculture o pitture diffuse, con versioni che ricalcano sostanzialmente temi e filoni artistici di determinate epoche, ma anche di grandiose architetture che distinguono la nostra penisola nel panorama culturale mondiale. Ogni regione nasconde una sorpresa, una vezzo artistico, gioiellini che non ti aspetteresti. Se a Napoli lo straordinario Teatro San Carlo, sorto 40 anni prima dell’altrettanto famoso fratello meneghino, è imitato dal Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere (CE), conosciuto come “il piccolo San Carlo“, nella Città Eterna sorge una chiesa che fa direttamente il verso alla Bela Madunina di Milano. Sul Lungotevere Prati a Roma, infatti, fa bella mostra di sé una straordinaria architettura gotica che al visitatore appare quasi una strana miniatura, un flashback di qualcosa certamente già visto centinaia di volte. Dopo qualche secondo di smarrimento, stordito anche dal candido colore che contrasta con gli altri storici palazzi dell’elegante quartiere capitolino, gli sovviene in mente la grandiosità del Duomo di Milano. «Opperbacco! – direbbe il mitico Totò – che ci fa un mini duomo di Milano in centro a Roma?».
Ed è qui che la curiosità pervade l’animo. Con un guizzo d’orgoglio ci si informa e si scopre che la Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio a Roma, sorta ad inizio ‘900, terminata poco prima della fine della Prima guerra mondiale, nel 1917, fu consacrata solo nel 1921, diversi anni dopo la sua apertura. Un’opera ispirata allo stile gotico d’Oltralpe e, per tale motivo, “tirata su” come la Cattedrale Metropolitana della Natività della Beata Vergine Maria, nome davvero impronunciabile del conosciutissimo Dòmme de Milan. L’opera romana, dell’ingegnere bolognese Giuseppe Gualandi, che seguendo le orme del padre Francesco realizzò fino agli anni ’40 diverse strutture religiose in stile neogotico italiano, è dominata da 19 statue di santi pare selezionate direttamente da Papa Pio X in persona. Nelle nicchie della facciata, infatti, troviamo icone di straordinaria importanza tra cui Sant’Agostino, San Giovanni evangelista, San Paolo apostolo, San Francesco d’Assisi, San Bernardo da Chiaravalle e perfino Sant’Antonio da Padova. Costruita in cemento armato, secondo i materiali disponibili ad inizio secolo scorso, il suo stile gotico è ben rappresentato anche nell’interno a tre navate dove spiccano per bellezza le volte a crociera, gli archi a sesto acuto ed i pilastrini polistili accompagnati dalle preziose vetrate e dai rosoni policromatici situati sopra il grande organo a canne. Un tripudio di bellezza che, in tutta sincerità, non ci si aspetterebbe per una costruzione religiosa del ‘900, ma che in questo caso dimostra come il fascino non sia questione di soli materiali ma anche e soprattutto di seria progettazione stilistica. Tra l’altro, il contesto del quartiere Prati risalta la bellezza della facciata, anche se le strutture confinanti, altrettanto grandiose e del calibro, ad esempio, del Palazzo di Giustizia ove risiede la Corte di Cassazione, rimpiccioliscono la chiesa gotica agli occhi dei dei fedeli che, però, conoscono i piccoli segreti della struttura. Uno, forse percettibile dall’esterno, è il necessario disallineamento della facciata rispetto alla linea delle navate interne. Una inevitabile “rammendatura” dovuta alla linea orografica del fiume e, quindi, della strada curva che fa pagare pegno a tutti gli edifici del circondario. Altra curiosità più artistica. Nonostante il Gualandi abbia provato ad italianizzare lo stile, la contaminazione d’Oltralpe è evidente e l’intero edificio sembra rispondere ai classici canoni del gotico francese o tedesco, come a dire che oltre a trovare un pezzo di Milano in pieno centro a Roma, vi si ritrova anche un pezzo di nord Europa. Ma il più importante dei gioielli, celati dalle alte e affilate guglie, è custodito gelosamente in sacrestia: il Museo delle Anime Purganti.
Da qualcuno definito come «uno dei musei più sconcertanti al mondo», ovviamente non per questioni estetiche ma per il delicato argomento trattato, il museo nasce dalle convinzioni del presbitero Francesco Maria Victor Jouët, testimone di un grave incendio scoppiato nel 1894 nella piccola cappella dedicata alla Vergine del Rosario, tempietto che sorgeva proprio nei pressi dell’attuale chiesa. Spento il rogo, Jouët notò che il fumo ed il calore delle fiamme avevano disegnato sul muro la sagoma di un volto umano particolarmente sofferente, convincendolo che si trattasse del viso di un defunto in cerca di aiuto dei vivi perché condannato a scontare un lungo periodo in purgatorio. Da questo episodio nasce una particolare raccolta, quella delle testimonianze visibili delle Anime del Purgatorio, una collezione di curiose prove accumulate nel tempo, anche dopo la dipartita del sacerdote francese, a presunta conferma della tesi secondo cui le anime del purgatorio si manifestano ai vivi per chiedere preghiere e velocizzare il passaggio in paradiso, limitando quindi la permanenza in quel luogo di “pena“.
Insomma, se proprio non avete tempo di arrivare a Milano a salutare la Bela Madunina, beh, io farei un pensierino per Roma. Tanto si sa, tutte le strade portano…al quartiere Prati. Ovvio, no?
Author Giuseppe Russo – Tutti i diritti riservati © dicembre 2021 Riproduzione vietata
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